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sabato 6 novembre 2010

SECONDAMENTO





Il secondamento è l'ultima fase del parto e consiste nell'espulsione della placenta e di tutti gli annessi fetali (membrane amnio coriali e funicolo.

 

Caratteristiche 

Avviene nel momento finale del parto, circa quindici minuti dopo la nascita dell'infante, iniziano nuovamente piccole contrazioni uterine che favoriscono il distacco e l'espulsione di placenta e parti annesse, insieme con una modesta quantità di sangue (non più di 500 ml secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità); possono manifestarsi emorragie.
In caso di pericolo, o se il parto stesso perdura per più di un 1 ora, può essere eseguito manualmente mediante Manovra di Brandt-Andrews, mentre esistono anche particolari farmaci che ne facilitano la riuscita.

ENDOMETRIOSI

L'endometriosi è una malattia cronica e complessa, originata dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, endometrio, in altri organi quali ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino, provocando sanguinamenti interni, infiammazioni croniche e tessuto cicatriziale, aderenze ed infertilità. Ogni mese, sotto gli effetti degli ormoni del ciclo mestruale, il tessuto endometriale impiantato in sede anomala va incontro a sanguinamento, nello stesso modo in cui si verifica a carico dell'endometrio normalmente presente in utero. Tale sanguinamento comporta un'irritazione dei tessuti circostanti, la quale dà luogo a formazione di tessuto cicatriziale e aderenze.

Segni e sintomi 

L’endometriosi è spesso dolorosa (60% dei casi circa) fino ad essere invalidante, con sintomi molto caratteristici: dolore pelvico cronico, soprattutto durante il ciclo mestruale (o in concomitanza con lo stesso o dell'ovulazione), dolore ovarico intermestruale, dolore all’evacuazione. Quando lo stadio di endometriosi porta ad un aumento importante l'infiammazione e l'infezione causata dalle isole endometriosiche, si ha l'aumento della temperatura corporea durante il periodo mestruale.
Ci sono anche altri sintomi, non meno significativi: il dolore durante l'atto sessuale o post-coitale (64%), infertilità (30/35%), aborti spontanei, affaticamento cronico, aumento di infiammazione a carico delle mucose, colite, periodi di stitichezza alternati a diarrea. Questi ultimi sintomi vengono molto spesso associati ad una diagnosi di “colon irritabile” in quanto i sintomi sono simili tra loro, ma in presenza di endometriosi la sintomatologia presenta un andamento ciclico, legato appunto alle fasi ormonali del periodo mestruale.
Talvolta l’endometriosi è riscontrabile anche in sede intestinale e vescicale, sui legamenti utero sacrali, nel setto retto vaginale, nelle tube. Nel caso di endometriosi vescicale i sintomi sono quelli tipici di infiammazione e cistite, o anche di incontinenza senza che risultino infezioni batteriche o virali a carico della vescica. La loro ricorrenza ciclica è un elemento determinante per distinguerne le cause.
La paziente può inoltre manifestare menorragia (mestruazione abbondante), metrorragia (perdita di sangue al di fuori della mestruazione) o entrambe. È abbastanza comune la dismenorrea. Occorre prestare attenzione, infine, a sintomi strani che si presentano in modo catameniale (in corrispondenza delle mestruazioni): epistassi, ematuria ed ematochezia.
Alla palpazione si posso apprezzare noduli infiltrativi che non si vedono con l'ecografia :
  • sul setto retto-vescicale
  • sui legamenti utero-sacrali
  • sulla plica vescico-uterina

 

Diagnosi 

Si può ottenere una diagnosi certa dell'endometriosi solo attraverso un'indagine esplorativa in anestesia generale: la laparoscopia. Questo esame è importante, oltre che per fare diagnosi, anche per studiare l'endometriosi e per trattare terapeuticamente (asportazione del tessuto, vacuolizzazione e lisi delle aderenze).
Altri esami che possono fare sospettare la presenza di endometriosi sono: ecografia ovarica trans vaginale, dosaggio dal CA125 (esame non sensibile e non specifico) e visita manuale. Alla visita manuale possono essere riscontrati noduli non apprezzabili all'ecografia, mentre all'ecografia è possibile constatare una retroversione uterina fissa (da aderenze che vincolano l'utero alla pelvi) o un altro quadro tipico, quale la "cisti ovarica cioccolato" (il cui colore rosso scuro è dovuto a manifestazioni emorragiche nel tessuto endometriosico).
Una anamnesi approfondita della paziente può concorrere ad effettuare una prima diagnosi, seppur non definitiva.

 

Stadiazione 

Parametri di stadiazione (dopo laparoscopia):
  • dimensione
  • sede
  • obliterazione del cavo del Douglas
  • estensione e caratteristiche dell'aderenza

 

Cause 

Le teorie circa la causa dell’endometriosi sono diverse, senza necessità che si escludano a vicenda.
Poiché l'endometriosi è più spesso pelvica, una prima ipotesi potrebbe essere quella della mestruazione retrograda: secondo questa teoria, durante la mestruazione, piccole parti di tessuto endometriale si muovono in senso inverso nelle tube per poi impiantarsi nell'addome. Secondo alcuni esperti la mestruazione retrograda è presente in tutte le donne, ma solo nelle donne affette da endometriosi, a causa di difetti immunitari e/o ormonali o l’aumento di attività infiammatoria nel liquido peritoneale, il tessuto endometriale riesce a radicarsi e crescere.
La seconda localizzazione più frequente è toracica: questo viene spiegato con la metastatizzazione linfatica o venosa.
Un'altra teoria propone viraggio metaplasico dei tessuti celomatici. Secondo la genetica la malattia può essere trasmessa dalle donne della stessa famiglia attraverso il genoma o che alcune famiglie possano avere fattori predisponenti all'endometriosi. 

 

Terapia 

Terapie definitive per la cura dell’endometriosi a tutt’oggi non sono ancora state trovate.
A seconda dei casi, dell’età della donna, del grado di dolore, del desiderio di maternità e dalla gravità delle lesioni si procede in diversi modi:
  • terapia del dolore (FANS)
  • riduzione della presenza degli estrogeni in modo da frenare lo sviluppo dell’endometriosi provocando, quindi, una menopausa artificiale tramite gli antagonisti del Gnrh (Gonadotropin Releasing Hormone) i quali simulano una menopausa artificiale e temporanea. Gli effetti collaterali (non sempre presenti) [senza fonte] sono i classici effetti della menopausa: vampate di calore, aumento di peso, sudorazione notturna, irritabilità, perdita di calcio. Non vanno somministrati più a lungo di 3-6 mesi.
  • estroprogestinici combinati (pillola anticoncezionale, anello vaginale, spirale al progesterone, progesterone I.M. depot) i quali possono dare come effetti indesiderati: nausea, cefalea, secchezza vaginale, calo del desiderio.
  • terapia con androgeni, per la capacita di antagonizzare l'azione degli estrogeni e del progesterone. Gli androgeni usati sono: il gestrinone e il più datato danazolo, questi farmaci sono gravati di effetti collaterali simili, meno intesi per il gestinone[1], tipici dell'effetto androgenico: irsutismo, virilizzazione, acne, seborrea, capelli e pelle untuosa e aumento di peso.
Leggiamo nelle Linee Guida del 2007 del NHS (National Library for Health), che la terapia con i farmaci ormonali e gli antagonisti del Gnrh sembrano essere ugualmente efficaci nell'alleviare il dolore associato all'endometriosi quando questi sono prescritti per 6 mesi, pur differendo tra loro per gli effetti clinici e il costo.
  • terapia chirurgica che può essere di tipo esplorativo e/o diagnostico (laparoscopia esplorativa)[2] e di tipo interventistico (laparoscopia o laparotomia).
    • Con la laparoscopia, si praticano 3 - 4 fori di piccole dimensioni sull’addome in cui vengono introdotti gli strumenti chirurgici, si esplora la cavità addominale ricercando eventuali isole endometriosiche, cisti o noduli. Nel caso in cui fossero presenti lesioni ben visibili, si procede all’eliminazione delle stesse e al prelievo di materiale per la biopsia. La degenza in ospedale si riduce ad un massimo di 3 giorni, la ripresa è rapida e le cicatrici sono poco visibili.
    • La laparotomia è il taglio che si pratica (nella maggior parte dei casi), in orizzontale all’altezza del pube ed è più invasiva della laparoscopia, i tempi di degenza si allungano e la cicatrice è sicuramente più visibile rispetto alla laparoscopia. Viene effettuata se le lesioni e le aderenze sono particolarmente estese anche se, come tecnica chirurgica applicata all’endometriosi, viene usata sporadicamente per lasciare posto alla laparoscopia.
  • Un posto di rilievo lo occupa la corretta alimentazione; diversi studi scientifici hanno dimostrato come l’assunzione o meno di determinati alimenti, possa concorrere a ridurre fino al 40% il rischio di endometriosi in donne che consumano più frutta e verdura. In donne che viceversa, consumano grandi quantità di carne rossa (manzo, prosciutto), si osserva un aumento del rischio relativo pari all'80-100%. Sostanze che sono ritenute aumentare molto il rischio di endometriosi sono inoltre i pesticidi agricoli, i farmaci e gli ormoni somministrati agli animali di allevamento, che si ritrovano nella carne e nei latticini, e gli zuccheri semplici (saccarosio, miele, fruttosio), che fanno aumentare la produzione di estrogeni a causa del picco insulinico.

 

Epidemiologia 

Si stima che circa il 10% delle donne in Europa sia affetto da endometriosi, e che dal 30% al 40% dei casi di infertilità femminile sia dovuto a endometriosi; in Italia le donne con diagnosi conclamata di endometriosi sono 3 milioni, ma questo dato è in realtà una sottostima dei casi reali, che spesso non vengono diagnosticati per la grossa disinformazione diffusa sia tra i medici di base che tra i ginecologi.
I tempi medi di diagnosi dalla prima comparsa dei sintomi, che avviene tipicamente in età giovanile, è infatti superiore ai 10 anni.

CARCINOMA DELL'ENDOMETRIO

Per Carcinoma endometriale in campo medico, si intende una forma di neoplasia (tumore) dell'endometrio.

Epidemiologia 

Colpisce le donne anziane (55-70 anni), è considerato uno dei tumori ginecologici più diffusi, con un'incidenza sempre maggiore negli ultimi anni.

 

Fattori di rischio 

Costituiscono fattori di rischio l'elevato peso, il diabete, in stato correlato alla menopausa e il fumo, mentre alcuni studi suggeriscono che l'assunzione di caffè ne diminuisce il rischio.

 

Tipologia 

Viene suddiviso in quattro categorie:
  • Adenocarcinoma endometriale, compare maggiormente nelle donne obese
  • Adenocarcinoma sieroso papillare e adenocarcinoma a cellule chiare (le forme più aggressive)
  • Carcinoma mucinoso, carcinoma spinocellulare, carcinoma misto e carcinoma indifferenziato (le forme più rare)
  • Carcinoma dell'endometrio eredofamiliare (che mostrano caratterei ereditari, di recente scoperta)

 

Sintomatologia 

Si riscontra sanguinamento (vere emorragie in alcuni casi), e disfunzione dell'endometrio come l' iperplasia e l' atrofia. Si riscontra anche nella sindrome carcinoma colo-rettale non poliposico ereditario (HNPCC)

 

Esami 

Per una corretta diagnosi si utilizzano diversi esami clinici:

 

Stadiazione 

Nel corso degli ultimi decenni si sono avute diverse classificazioni di tale tipologia di carcinoma.
L'attuale classificazione prevede:
  • Stadio Ia, se la massa tumorale è limitata all'endometrio
  • Stadio Ib, se invade in piccola misura il miometrio
  • Stadio Ic, se invade in larga misura il miometrio
A seconda della parte interessata si hanno le altre tipologie:
  • Stadio IIa, (ghiandola endocervicale)
  • Stadio IIb, (stroma cervicale)
  • Stadio IIIa, (sierosa del corpo)
  • Stadio IIIb, (vagina)
  • Stadio IIIc con interessamento delle metastasi (non a distanza)
  • Stadio IVa (mucosa vescica-retto)
  • Stadio IVb con interessamento delle metastasi (a distanza)

 

Terapia 

Il trattamento sovente è chirurgico, in alternativa si utilizza la radioterapia, la chemioterapia (poco utilizzata in questa forma neoplastica perché trattabile con altri mezzi e vengono preferiti) e la somministrazione di determinati farmaci.

 

Trattamento farmacologico 

Si somministrano progestinici, molto utilizzati in passato, donano alla persona diversi benefici. Si utilizzano anche farmaci antiestrogeni.

 

Trattamento chirurgico 

In seguito a linfoadenectomia si utilizza l'isterectomia totale con ovarosalpingectomia bilaterale. Per completare l'operazione si esegue la colpectomia del terzo superiore. Leggermente diversa è la colpoisterectomia, che non comportà rischi mortali per la donna.

 

Prognosi 

La prognosi è buona (sopravvivenza 80% a 5 anni), anche in caso di recidive (nella fattispecia più grave la sopravvivenza si riduce al 30%)

PAP TEST

Il test di Papanicolaou o Pap test è un esame citologico che indaga le alterazioni delle cellule del collo e della cervice dell'utero.
Il suo nome deriva dal medico greco-americano Georgios Papanicolaou (1883-1962), il padre della citopatologia, che sviluppò questo test per la diagnosi rapida dei tumori del collo dell'utero. Da allora il Pap test è rimasto pressoché invariato, e solo in anni recenti è stato aggiornato con lo sviluppo della citologia in fase liquida. Fu avviato per la prima volta in Italia da un medico napoletano, il Prof. Mario Tortora, suo discepolo sin dal 1953.
Il Pap test è un test di screening, la cui funzione principale è quella di individuare nella popolazione femminile donne a rischio di sviluppare un cancro del collo uterino. Inoltre il Pap test può dare utili indicazioni sull'equilibrio ormonale della donna e permettere il riconoscimento di infezioni batteriche, virali o micotiche.
Pap test normale
Per l'esecuzione del Pap test viene prelevata una piccola quantità di cellule del collo dell'utero con la spatola di Ayre e un tampone cervicale. La spatola ha una forma complementare all'anatomia della cervice e una volta inserita è in grado di prelevare cellule dall'esocervice grazie a una rotazione di 360°; il tampone invece, del tutto simile a quelli usati per la faringe, preleva esattamente le cellule dall'endocervice penetrando nell'orifizio uterino esterno. Nel pap test convenzionale le cellule vengono quindi strisciate su un vetrino per l'esame di laboratorio. Nel pap test in fase liquida una macchina provvede ad allestire un preparato a "strato sottile". Indipendentemente dal tipo di allestimento, le cellule vengono quindi colorate secondo il metodo di Papanicolau ed esaminate al microscopio da un citologo o patologo che provvederà a stilare un referto.
Il referto, sino a ieri numerico, viene oggi comunicato con una sintetica descrizione dello stato delle cellule. In Italia la classificazione consigliata e più frequentemente utilizzata è il Sistema Bethesda 2001 (TBS 2001) che suddivide i risultati del test in:
Negativo non evidenza di lesione intraepiteliale o neoplastica
LSIL lesione squamosa intraepiteliale di basso grado, comprendente HPV/displasia lieve, CIN1
HSIL lesione squamosa intraepiteliale di alto grado, comprendente displasia moderata e grave,carcinoma in situ / CIN2, CIN3
AIS cellule ghiandolari sospette per adenocarcinoma in-situ del collo dell'utero
Carcinoma cellule di carcinoma squamoso
ASC-US cellule squamose atipiche, non ulteriormente classificabili
ASC-H cellule squamose atipiche, non si esclude una HSIL
AGC cellule ghiandolari atipiche, specificando se endometriali, endocervicali, ghiandolari o non altrimenti specificate
Adenocarcinoma Adenocarcinoma :endocervicale, endometriale, extrauterino o non altrimenti specificato
CTM Cellule tumorali maligne non altrimenti specificabili
Le diverse risposte riflettono diverse probabilità di sviluppare o già presentare un tumore del collo dell'utero. In generale, in caso di test "non negativo" è indicato un approfondimento diagnostico (colposcopia ed eventualmente biopsia) o una ripetizione a breve scadenza del test, eventualmente associata a tecniche biomolecolari come la tipizzazione HPV. In altri casi una ripetizione dell'esame è dovuta semplicemente ad una insufficiente quantità delle cellule prelevate o ad un'infiammazione che può impedire la corretta interpretazione dell'esame.
Il prelievo dev'essere effettuato lontano da rapporti sessuali, dalle mestruazioni, dall'impiego di irrigatori vaginali, ovuli o candelette. L'esame può essere effettuato anche durante la gravidanza. In base alle linee guida europee e della Commissione Oncologica Nazionale, nella fascia di età compresa tra 25 e 65 anni sarebbe opportuno effettuare il test almeno ogni tre anni. Negli Stati Uniti si esegue ogni 12 mesi.

Limiti del Pap test 

Il Pap test non è indicato per la individuazione dei tumori dell'endometrio o di altri organi dell'apparato genitale femminile.
Per quanto complessivamente il Pap test si sia dimostrato estremamente efficace nel ridurre la frequenza del cancro invasivo del collo dell'utero, come tutte le tecniche di screening presenta dei limiti intrinseci alla metodica. In particolare la sensibilità del Pap-test viene valutata in circa 60-70%. Questo significa che sono possibili falsi negativi, cioè test negativi nonostante la presenza di un tumore, ma anche falsi positivi, cioè casi in cui il risultato positivo del test non viene confermato da successive indagini.

Pap test e prospettive future 

Nel prossimo futuro, il ruolo del pap test nella prevenzione dei tumori del collo uterino è sicuramente destinato a cambiare. La scoperta che la maggior parte dei tumori del collo uterino sono dovuti al virus del papilloma umano (HPV) ha portato allo sviluppo di tecniche diagnostiche biomolecolari caratterizzate da una sensibilità elevata (superiore al 95%) che ne ha fatto prospettare l'utilizzazione come metodica di screening. Ancora discusso è tuttavia il problema della relativa specificità delle tecniche biomolecolari di tipizzazione dell'HPV. L'infezione da HPV è infatti largamente diffusa, ed è evidenziabile anche in molte donne in cui tuttavia lo HPV è solo transitorio e non è destinato a causare lo sviluppo di un tumore.
Particolarmente promettente appare la prospettiva del vaccino transgenico per l'HPV, già presente sul mercato, e che in Italia viene distribuito gratuitamente alle ragazze nel 12º anno di età (a partire dal gennaio 2008). Negli studi fino ad adesso condotti, il vaccino HPV ha già dimostrato di essere efficace nel prevenire lo sviluppo di tumori del collo uterino. Allo stato attuale i vaccini HPV sono tuttavia rivolti solo ai tipi di virus oncogenico più frequentemente causa di tumore (HPV 16 e 18) che da soli sono responsabili di circa 70% dei cancri del collo dell'utero. Non sono ancora inclusi altri tipi di HPV a potenziale oncogenico alto o intermedio, responsabili del 30% restante dei tumori, il cui comportamento biologico a seguito dell'introduzione del vaccino non può ancora essere previsto. È inoltre ancora da chiarire la durata dell'immunizzazione garantita dagli attuali vaccini che comunque, è stata dimostrata essere di almeno 4 anni e mezzo (ottobre 2006). Infine, anche considerando le possibili strategie di vaccinazione su larga scala (ad es. vaccinazione di tutte le adolescenti ed eventualmente di tutte le donne in età fertile senza infezione HPV in atto), le esperienze già fatte con vaccinazioni di massa lasciano pensare che una effettiva riduzione dell'incidenza dei tumori del collo uterino non sia prevedibile prima di molti anni. Fino a quando l'efficacia e la durata nel tempo del vaccino non sarà dimostrata anche al di fuori degli studi e non sarà stato introdotto su larga scala un vaccino per tutti i tipi oncogenici di HPV, è comunque necessario che anche le donne vaccinate continuino a sottoporsi allo screening con il Pap-test.

Il Parto

Il Parto

In ostetricia si definisce parto l'espulsione spontanea o l'estrazione strumentale del feto e degli annessi fetali dall'utero materno.
Il termine può riferirsi sia all'uomo come alle altre specie di mammiferi.

Il parto nella specie umana

Neonato subito dopo il parto

Il parto può distinguersi in "eutocico" o "fisiologico" se avviene spontaneamente, oppure in "distocico" o "non fisiologico" se, in seguito a complicazioni, è necessario l'intervento medico.
A seconda del momento della gestazione in cui si verifica, il parto viene detto:
  • Abortivo: prima della 22ª settimana (in passato il termine era 25 settimane + 5 giorni);
  • Parto pretermine: prima dell'inizio della 37ª settimana;
  • A termine: tra l'inizio della 37° e la fine della 41ª settimana (41 + 6 giorni);
  • Post-termine: dall'inizio della 42ª settimana.
In relazione alla gravidanza post-termine, nella pratica clinica, se le contrazioni non iniziano spontaneamente, l'induzione del parto viene proposta in genere già a partire da 41 settimane + 1 giorno. Questo perché numerosi studi hanno evidenziato un aumento della mortalità e morbilità neonatale dopo le 41 settimane.
Il calcolo dell'epoca gestazionale va eseguito partendo dal 1º giorno dell'ultima mestruazione (a tale scopo risulta utile un regolo ostetrico) oppure con l'ausilio dell'ecografia mediante la misurazione della biometria fetale (I trimestre, Lunghezza Vertice Sacro).

La nascita naturale

A scopo puramente didattico, il parto può essere suddiviso in 4 fasi:
  • Fase prodromica (latente)
  • Fase dilatante
  • Fase espulsiva
  • Secondamento
Le prime due fasi costituiscono il travaglio che inizia con forti e regolari contrazioni uterine accompagnate da modificazioni a carico della cervice (assottigliamento e dilatazione).

Fase prodromica

È caratterizzata dalla presenza di contrazioni dell'utero a carattere inizialmente irregolare ma con una certa tendenza alla regolarizzazione con il passare delle ore. Queste contrazioni sono diverse dalle contrazioni valide che identificano l'inizio del travaglio ma sono definite di Braxton Hicks. La frequenza e la durata di tali contrazioni varia a livello individuale. La donna avverte il dolore a livello della zona sovrapubica. Inoltre può verificarsi l'espulsione del cosiddetto "tappo mucoso", assieme a piccole striature di sangue dovute alle iniziali modificazioni della cervice uterina.
L'inizio del travaglio può avvenire improvvisamente o gradualmente, e viene definito come regolare attività uterina in presenza di dilatazione della cervice.
La durata di questa fase è molto variabile (anche in base a quando si stabilisce l'inizio); in genere dura circa 5-6 ore nelle nullipare e anche meno nelle pluripare.

Fase dilatante

Le contrazioni diventano regolari (una ogni 3-4 minuti) e in genere aumenta la loro durata (30-40 secondi) e l'intensità.
Durante una contrazione i muscoli lunghi dell'utero si contraggono, dall'alto verso il basso, fino alla fine. Quando la contrazione finisce, i muscoli si rilassano e diventano più corti di quanto erano all'inizio della contrazione stessa. Ciò alza la cervice al livello della testa del bambino. Ogni contrazione dilata la cervice fino alla sua completa dilatazione, che spesso può raggiungere 10 e più centimetri di diametro.
Questa fase termina con il raggiungimento della dilatazione completa della cervice uterina, quando spesso avviene la rottura spontanea delle membrane amniotiche ("rottura delle acque"). Tuttavia quest'ultima può presentarsi spontaneamente anche prima della dilatazione completa (rottura precoce delle membrane) e addirittura anche prima dell'inizio del travaglio di parto (rottura pretravaglio delle membrane o PROM). Il dolore interessa maggiormente la zona lombosacrale. Questa fase dura circa 4-5 ore nelle nullipare e 2 ore nelle pluripare ma anche qui la variabilità da caso a caso può essere molto ampia.

Fase espulsiva [modifica]

Inizia quando la dilatazione è completa. In essa si svolgono i principali fenomeni meccanici del parto ovvero tutti quei movimenti e quelle rotazioni che il feto deve compiere all'interno del canale del parto per poter nascere. Le contrazioni del miometrio sono favorite dall'ormone ossitocina, che viene prodotto dall'ipotalamo e secreto delle strutture capillari che perfondono la neuroipofisi. La secrezione di ossitocina viene stimolata dai segnali nervosi periferici che hanno origine in seguito alla dilatazione dell'utero. La durata è di un'ora nelle nullipare e circa 20-30 minuti nelle pluripare. In questo casi il medico e l'ostetrica sono molto più fiscali nel dover rispettare il tempo massimo di 1 ora dal momento della dilatazione completa. Tuttavia non tutte le donne sono uguali quindi anche in questo caso si valuta l'intero quadro clinico piuttosto che guardare soltanto l'orologio.

Secondamento [modifica]

Inizia subito dopo l'espulsione del feto dall'utero materno e termina con l'espulsione degli annessi fetali (placenta, cordone, membrane amniocoriali). Di solito la placenta viene espulsa entro 20-30 minuti dall'espulsione del feto. Il limite fisiologico è di un'ora, poi si interviene con la rimozione manuale della placenta eseguita in anestesia generale (secondamento manuale).

Fase Post-partum

Inizia subito dopo l'espulsione degli annessi fetali e termina 2 ore dopo. Essa non appartiene alle fasi del parto ed è invece la prima fase del puerperio. Tuttavia è bene menzionarla in quest'ambito poiché le principali complicanze correlate al parto (in particolare quelle di tipo emorragico) si verificano in queste prime 2 ore. L'ostetrica controllerà la regolarità dei parametri vitali, quali la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, assieme alla perdita ematica. Questa fase è importante anche dal punto di vista medico legale: in Italia, per legge, chi ha assistito al parto deve controllare la paziente per queste 2 ore: controllo generale, perdite di sangue, contrazione e retrazione dell'utero.
Qualora si verifichino significativi rischi medici nel continuare la gravidanza, potrebbe essere necessaria l'induzione della nascita. Dal momento che questa pratica comporta alcuni rischi, viene effettuata soltanto se il bambino o la madre sono in pericolo a causa della gravidanza prolungata. Spesso una gestazione di 42 settimane senza travaglio spontaneo viene usata come indicatore per praticare un'induzione di nascita, sebbene non siano dimostrate conseguenze effettive quando il travaglio viene indotto nelle gravidanze post-termine. Il travaglio indotto aumenta il rischio di ricorso al taglio cesareo e di rottura uterina nelle mamme che fossero già state sottoposte a taglio cesareo.

Seconda fase: il parto

Nella seconda fase del travaglio, il bambino viene espulso dall'utero attraverso la vagina sia attraverso contrazioni uterine, sia tramite gli sforzi da parte della madre, che "spinge". Molte donne dicono che questa spinta provochi una sensazione simile allo sforzo che si fa defecando. L'imminenza del momento del parto può essere valutata basandosi su una scala che misura la dilatazione della cervice, ossia sul cosiddetto Malinas score.
Un neonato col cordone ombelicale pronto per essere tagliato
Di solito il bambino nasce presentando per prima la testa. In alcuni casi però il bambino si presenta "podalico", nel senso che presenta prima le natiche o i piedi. I bambini in posizione podalica possono essere partoriti dalla vagina con l'aiuto di una ostetrica, anche se in alcune zone può risultare difficile trovare personale con esperienza e qualificato. Ci sono molti tipi di presentazione podalica, ma il più comune è quello in cui le natiche del bambino vengono espulse per prime e le gambe sono piegate sotto il corpo del bambino, con le ginocchia piegate e i piedi vicino alle natiche (full or breech). Simile al caso sopra citato è quello in cui le gambe del bambino sono stese e vicine alle sue orecchie, mentre in altri casi una o entrambe le gambe stese si presentano per prime. Un raro caso di presentazione è quello disteso lateralmente. Qui il bambino giace di fianco all'interno dell'utero e una mano o un gomito sono entrati per primi nel canale del parto. Anche se spesso i bambini che si presentano trasversalmente possono cambiare posizione, ciò non si verifica sempre, e in tal caso un taglio cesario diventa necessario.

Dolori del parto

La quantità di dolore sofferto durante il parto varia in maniera notevole da donna a donna. Per alcune il dolore è intenso ed agonico, mentre altre provano poco o nessun dolore. Molti sono i fattori che influenzano la percezione del dolore: la paura, la quantità di parti precedenti, la presentazione del feto, alcune idee culturali sul parto, la posizione in cui si partorisce, il sostegno ricevuto durante il travaglio, i livelli di beta-endorfina e la soglia di dolore naturale peculiare alla gestante. Le contrazioni uterine, sempre intense durante il parto, vengono percepite generalmente come dolorose, anche se il grado di dolore varia da donna a donna e ci sono addirittura alcune persone che trovano piacevoli queste sensazioni.

Controllo del dolore con strategie non mediche

Il corpo umano possiede dei sistemi per controllare il dolore del travaglio e del parto attraverso la secrezione di beta-endorfine. Come oppiaceo naturale, prodotto dal cervello, la beta-endorfina ha proprietà simili alla pethidine, alla morfina, ed all'eroina, ed è stato dimostrato che agiscono sugli stessi recettori del cervello. [1] Come l'ossitocina, la beta-endorfina è secreta dalla ghiandola pituitaria, e sono presenti alti livelli durante il sesso, la gravidanza, il parto, e l'allattamento. Questo ormone può indurre sensazioni di piacere ed euforia durante il parto.
Per alleviare le sensazioni dolorose del travaglio e del parto è possibile ricevere aiuto da una qualche preparazione psicologica, educazione, massaggio, ipnosi, terapia idrica in una vasca o doccia. Ad alcune donne piace avere qualcuno che le fornisca sostegno durante il travaglio e il secondamento: spesso componenti di sesso femminile della famiglia come la madre, la sorella, una cara amica, il padre del bambino, un partner oppure un professionista addestrato (doula, levatrice, ostetrica). Alcune donne, avendone la possibilità, preferiscono partorire inginocchiate oppure sedute per poter spingere più efficacemente durante la seconda fase del parto, in modo che la gravità fornisca il suo aiuto favorendo la discesa del bambino attraverso il canale del parto.

Parto in acqua

Parto in acqua

È in continuo aumento il numero di donne che effettuano il parto in acqua, che viene scelto come opzione per avere sollievo durante il travaglio e la nascita. Molte ricerche hanno dimostrato che il parto in acqua non soltanto è sicuro per la madre ed il bambino, ma in molti casi vi è una riduzione nella necessità di ulteriore analgesia ed un maggiore tasso di nascita di bambini "senza danni"

Controllo medico del dolore da parto

Alcune donne pensano che l'affidarsi ai farmaci analgesici sia innaturale, o si preoccupano che possa danneggiare il neonato in qualche modo, ma nonostante questo si preoccupano del travaglio del parto. Il metodo adottato comunemente per il controllo medico del dolore da parto, è la partoanalgesia o analgesia peridurale (chiamata anche epidurale), che agisce riducendo i dolori associati alle contrazioni e all'espulsione del feto. La partoanalgesia si ottiene inserendo una piccola cannula pieghevole (o "caterino") negli spazi intervetebrali della porzione lombare della spina dorsale; questa metodica prevede l'utilizzo di aghi appositi e di una blanda anestesia locale che elimina il dolore durante la manovra. Una volta inserito, il cateterino viene lasciato in sede, consentendo al personale medico di somministrare analgesici senza ripetere la manovra.
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